Cure e trattamenti per la SLA

Ad oggi sono stati valutati più di 60 trattamenti, inclusi quelli non-farmacologici, alcuni senza risultati rilevanti. In assenza di trattamenti efficaci, le terapie sintomatiche e di supporto rimangono la base per la gestione dei pazienti con SLA. Molte di queste terapie sintomatiche, seppure non allevino molto i sintomi veri e propri, sono associate ad un chiaro miglioramento della qualità della vita del paziente. Non esistono ad oggi cure e trattamenti in grado di curare la Sclerosi Laterale Amiotrofica. Sono note le difficoltà diagnostiche e anche di individuazione di cause specifiche, come si può leggere nell’articolo dedicato cliccando qui.

Risulta, quindi, quasi consequenziale comprendere che avere delle cure specifiche ed efficaci sia piuttosto complesso. Esistono tuttavia dei trattamenti e dei farmaci in grado di lenire i segni e sintomi legati alla patologia. Questo consente ai malati di svolgere una vita dignitosa, anche dal letto in cui, nella maggior parte dei casi, sono costretti a stare. 

Sintomi legati alla SLA, cure e trattamenti (non) farmacologici per contrastarli

È importante notare che la maggior parte dei trattamenti sintomatici si basa sull’esperienza derivante dalla gestione di altre malattie, non studi randomizzati controllati. La Sclerosi Laterale Amiotrofica è una malattia progressiva e neurodegenerativa. Per questo è importante redigere le dichiarazioni anticipate di trattamento che specifichino il tipo di cura da applicare in fase terminale. Si può leggere di più cliccando qui.

Una sintomatologia, seppur rara, è la cosiddetta “emotività pseudo bulbare”, cioè immotivati episodi di riso e/o pianto. Per il trattamento si utilizzano, solitamente, antidepressivi triciclici. Per l’insonnia, spesso diretta conseguenza della depressione, si usano gli ipnoinducenti.

La stipsi (stitichezza) viene solitamente contrastata con modifica della dieta alimentare e con una buona idratazione, solo in alcuni casi si ricorre a clistere o manovre di svuotamento. La disfagia, ossia la difficoltà nel deglutire, di solito determina uno scarso apporto calorico. Può provocare anche l’aspirazione di cibo nelle vie respiratorie, e causare la polmonite ab-ingestis. Per gestire gli episodi di disfagia in alcune circostanze si utilizzano i farmaci antispastici. Questi ultimi, insieme ai farmaci antiepilettici, possono essere utilizzati per contrastare crampi e fascicolazioni. 

Un altro problema tipico di chi ha la SLA è l’eccessiva salivazione, detta scialorrea. Recentemente si sta affermando un trattamento elettivo: l’infiltrazione, sotto guida ecografica, delle ghiandole parotidi e/o sottomandibolari con la tossina botulinica. Questo trattamento è praticato a livello ambulatoriale. Tuttavia il vantaggio è temporaneo e parziale. La salivazione è mantenuta sotto controllo dell’acetilcolina, per cui la tossina botulinica, bloccandone il rilascio, riduce l’attività delle ghiandole salivari. I pazienti affetti da malattie neurologiche, sotto indicazione del medico specialista, possono richiedere le infiltrazioni. La procedura per poter accedere a questo tipo di terapie bisogna richiedere la prescrizione del medico curante.   

In conclusione sono da citare anche le cosiddette cure palliative che hanno lo scopo di alleviare la condizione dei pazienti. 

Riluzolo alleato nel trattamento della SLA

A fronte della mancanza di una terapia risolutiva, la ricerca scientifica guarda al futuro con approcci innovativi mirati ad una medicina personalizzata, dal momento che non tutti i pazienti sono uguali. Per questo l’identificazione di nuovi biomarcatori e lo sviluppo di terapie geniche sono ambiti di ricerca in cui c’è grande fermento. E, sebbene siano numerosi gli studi sui farmaci con diversi meccanismi d’azione, ad oggi è solo uno il farmaco utilizzato per il trattamento della SLA: il Riluzolo.

Dagli studi svolti sulla SLA si è capito che i farmaci in grado di rallentare la malattia sono quelli che proteggono i motoneuroni e modulano la risposta immunitaria nei nervi e nei muscoli stimolandone rigenerazione. Il Riluzolo (Rilutek®) è stato il primo farmaco approvato per la SLA dalla Food and Drug Administration (FDA) negli USA nel 1995, e dall’European Medicine Agency (EMA) l’anno successivo. In particolare, questo farmaco, permette di posticipare notevolmente il ricorso alla ventilazione assistita o di prolungare la sopravvivenza mediamente di 3 mesi. La terapia risulta più efficace se il farmaco è somministrato a pazienti giovani nel primo stadio della malattia. Il Riluzolo agisce sull’effetto tossico (eccitotossicità) di alcuni amminoacidi, in particolare il glutammato. Si è infatti notato che nei malati di SLA sia proprio quest’ultimo ad avere un ruolo importante, sebbene non ancora del tutto chiaro, nei processi neurodegenerativi.

Una menzione va fatta anche per l’Edaravone (Radicava®) approvato dall’FDA nel 2017. Questo farmaco è stato per poco tempo un alleato del Riluzolo. E’ stato somministrato fino al 2020 come soluzione per infusione venosa. Il farmaco avrebbe dovuto rallentare l’aggravamento della malattia in una sottopopolazione di pazienti che erano ancora in grado di svolgere le normali attività (determina EMA/293450/2019).

Con Determina n. 70990 del 25 giugno 2020 pubblicata in GU n.167 del 4-7-2020, AIFA escludeva l’Edaravone dall’elenco dei  medicinali erogabili a totale carico del Servizio sanitario nazionale. Tale scelta è stata determinata dalla mancanza di comprovata efficacia del farmaco ed inoltre i benefici sono stati valutati non superiori ai rischi.  

Il fallimento di AMX0035 di Amylix, l’efficacia di TOFERSEN su SLA SOD1 e nuovi studi sperimentali per trovare nuove cure

Come si è detto non esistono cure specifiche per la SLA, tuttavia ci sono evidenze importanti riguardo il trattamento con TOFERSEN (Qalsody) per i malati SLA che presentano la mutazione genetica SOD1. A tal proposito è possibile ascoltare la testimonianza di Giuseppe Averna cliccando qui.

Nei muscoli e nei nervi dei modelli sperimentali sono stati individuati alcuni fattori responsabili della diversa progressione della malattia. Questi fattori sembrano essere utili per la stratificazione, in sotto-popolazioni, dei pazienti negli studi clinici. Biomarcatori e bersagli terapeutici possono essere considerati rilevanti per il trattamento dei pazienti, come nel caso dell’enzima Ciclofillina A. Studi svolti presso l’Istituto Mario Negri (clicca qui) hanno dimostrato che questo enzima, carente nei pazienti affetti da SLA, è fondamentale per il corretto funzionamento della proteina TDP-43 ed ha un effetto neuroprotettivo. Tale proteina svolge un ruolo importante nei processi cellulari e, se mutata, può causare la SLA. Infatti, la stragrande maggioranza di questi pazienti, presenta anomalie in tale proteina.

La ricerca non si ferma e sono in atto studi su cure che potrebbero dare nuove speranze ai malati di SLA e alle loro famiglie. Si riponevano grandi speranze sul farmaco AMX0035 dell’azienda Amylix. Nel 2022 aveva ricevuto approvazione negli Stati Uniti e in Canada sulla base dei risultati ottenuti nel trial di Fase II CENTAUR. Tuttavia nel 2023 l’EMA si è espressa negativamente nei confronti del farmaco, non ritenendo tali dati sufficientemente convincenti riguardo la capacità di rallentare la progressione della malattia. È possibile approfondire l’argomento cliccando quiAttualmente è in corso una nuova sperimentazione su TARCO4ALS, di cui è possibile ascoltare il podcast dedicato cliccando qui

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